top of page
pantocratore giugno 2013  56x27.JPG

Cristo in Gloria

Cristo è raffigurato a figura intera, in  piedi su una piattaforma, come l'essere supremo, tre Serafini a sei ali sono ai suoi piedi.

 Questa immagine è mostrata spesso anche con Cristo seduto su un trono. Come l'essere supremo, a Cristo è dato il massimo numero di simboli di luce celeste, vale a dire, quattro forme di nimbus. Il più grande di questi è la mandorla, uno stile leggero blu, a forma di mandorla, che emana dal corpo intero di Cristo; Questa forma di nimbus è chiamata anche “aureola” (la parola deriva dal latino e significa "d'oro" - come la luce dal sole). La seconda è una mandorla interna, di un blu più scuro; il terzo è un rettangolo d'oro, posizionato dietro la mandorla su cui  compaiono quattro caratteri greci, iota, sigma, chi, sigma, abbreviazione di "Iesus Christus"; Il quarto è l'aureola d'oro più familiare che circonda il capo di Cristo; un cerchio di luce che rappresenta il disco del sole stesso. Nell'uso popolare, i termini "nimbo" e "aureola" sono spesso usati come sinonimi


Si certifica che questa icona  è stata scritta su tavola  gessata con tecnica di tempera all’uovo miscelando minerali e terre naturali com’era in uso già nel  Medioevo. Il colore blu è ottenuto con lapislazzuli macinati.

 L’oro, rappresentando la Luce Divina, è rigorosamente autentico.


Si noti che nell'iconografia, sempre e solo, l'aureola di Cristo include una forma a croce in cui sono i tre caratteri greco omega, omicron, nu (io sono, o più correttamente tradotto, l'uno che è) in riferimento alla dichiarazione di Dio di se stesso-"io sono colui che è".

Pantocratore.JPG

Pantocratore

L’icona del Pantocratore esprime l’epifania del Dio trascendente che assume fattezze umane.
Cristo appare il creatore di tutto ciò che esiste, insieme al Padre e allo Spirito Santo, come dice San Paolo in un passo che fu tra gli argomenti principali nella difesa delle icone durante le lotte iconoclaste: ” Egli è l’immagine del Dio invisibile, generato prima d’ogni creatura poiché per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle visibili e quelle invisibili....tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui”. Di qui la denominazione di Pantocratore cioè “Colui che sostenta nell’essere tutte le cose”.
Nell’aureola dietro il capo di Cristo è visibile la sagoma della croce, simbolo della passione e morte, in cui si legge il monogramma del nome biblico di Dio, “Colui che è”.

Ecce Homo

L’uomo Cristo, coronato di spine e coperto di un mantello rosso, è l’icona dell’umanità che si incontra ogni giorno.

Ecce Homo -15x20 - giugno 2017 b (Za

Cristo in Pietà sorretto da un Angelo

Cristo_in_Pietà_-_20x32_-_novembre_2018.

Il Buon Pastore

“Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore”, ci dice il Vangelo di Giovanni. Gesù, dunque, è il buon pastore, il pastore di uomini che guida il gregge e per esso è disposto a dare la vita. L’icona di Gesù Buon Pastore ci ricorda che il compito di Cristo è condurre il gregge esistente, recuperando le pecore che si smarriscono lungo la via, ma anche conquistare al gregge le pecore, gli uomini, che ancora non hanno sentito il suo messaggio di fede e ancora non credono.

Buon Pastore -15x20 - aprile2019.jpg

Gesù e Giovanni

Nel vangelo secondo Giovanni, al "discepolo che Gesù amava" viene riservato un ruolo particolare. È il discepolo che ha il dono di "chinarsi" sul petto del Maestro e nello stesso tempo è il discepolo che "entra" nel pieno del mistero della tomba vuota e crede nell’evento della Pasqua. Tutto ciò ci fa comprendere che solo un rapporto profondo con Gesù fa anche di ciascuno di noi il "discepolo che Gesù ama", reso capace di penetrare il significato profondo della storia della salvezza e dei suoi simboli, pienamente realizzati in Gesù, nella sua persona ("il petto/cuore") e nella sua Pasqua di Risurrezione.
Nella conclusione del suo Vangelo, Giovanni fissa "il discepolo che Gesù amava" nel verbo "rimanere": "se io voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te?" (Gv 21,22).
"Rimanere" non è il verbo della passività o dell’assenza dell’operare e dell’agire, ma è il verbo dell’attività interiore, spirituale, quella più intensa e più profonda. Nel discepolo amato da Gesù chiamato a "rimanere" vediamo fissata anche la nostra identità: è dalla nostra interiorità e dall’approfondimento dei simboli e delle figure del quarto evangelista che anche noi compiamo la grande "opera" del passaggio dalla "lettera" allo "spirito", dall’Antico al Nuovo Testamento, dall’acqua e dalla manna del deserto alla pienezza del battesimo e dell’eucaristia, dal pastore del gregge e dal vignaiuolo delle vigne di Palestina al "vero" Pastore, che è Cristo, e alla "vera" vite che è la Chiesa con tutti noi suoi tralci.

Gesù_e_Giovanni_-_20x30_-_marzo_2015_don
bottom of page